Con sentenza n. 11581 del 23 maggio 2014, la Corte di Cassazione ha statuito il diritto di godere del riposo giornaliero e settimanale, ai sensi degli articoli 7 e 9 del D.Lgs. n. 66/2003 (secondo cui i lavoratori devono beneficiare di un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive – generalmente la domenica – da cumulare con le undici ore di riposo giornaliero), anche per i dipendenti che svolgano lavori c.d. “discontinui” (ad es. attività di vigilanza), precisando che deroghe a tale disciplina sono possibili esclusivamente mediante contrattazione collettiva o accordi nazionali.
Nella medesima sentenza, la Suprema Corte è intervenuta, altresì, sul tema dell’onere probatorio, precisando che “nel caso di lavoro prestato oltre i sette giorni consecutivi, ove il lavoratore richieda, in relazione alle modalità della prestazione, il risarcimento del danno non patrimoniale, per usura psicofisica, ovvero la lesione del diritto alla salute o del diritto alla libera esplicazione delle attività realizzatoci della persona umana, è tenuto ad allegare e provare il pregiudizio del suo diritto fondamentale, nei suoi caratteri naturalistici e nella sua dipendenza causale dalla violazione dei diritti patrimoniali di cui all’art. 36 Cost., potendo assumere adeguata rilevanza, nell’ambito specifico di detta prova (che può essere data in qualsiasi modo, quindi anche attraverso presunzioni ed a mezzo del fatto notorio),il consenso del lavoratore a rendere la prestazione nel giorno di riposo ed anzi la sua richiesta di prestare attività lavorativa proprio in tale giorno”.