Con sentenza n. 30126 del 21 novembre 2018, la Corte di Cassazione, in un procedimento volto a verificare la genuinità delle dimissioni rassegnate da un lavoratore subordinato, ha sancito il principio in base al quale, al fine di annullare un negozio giuridico, nella specie dimissioni, non occorre dimostrare la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive del soggetto che lo ha posto in essere, essendo sufficiente provare un turbamento psichico tale da impedire la formazione di una volontà cosciente che faccia venire meno la capacità di autodeterminazione del soggetto e la consapevolezza in ordine all’importanza dell’atto che sta per compiere.
Nel caso di specie, il Collegio giudicante ha cassato la decisione della Corte di merito che aveva rigettato le domande di un lavoratore volte a far accertare l’inefficacia delle proprie dimissioni, ritenendo che le stesse erano state rassegnate in un momento in cui il suddetto lavoratore non era “totalmente” incapace di intendere e volere.