La Corte di Cassazione, con sentenza n. 15058 del 17 luglio 2015, ha affermato che, nel caso di specie l’appropriazione di beni aziendali di scarso valore commerciale e la loro consumazione sul luogo di lavoro non può giustificare un licenziamento per giusta causa.
La Suprema Corte ha precisato che il giudice di merito ha “il dovere in primo luogo di controllare la rispondenza delle pattuizioni collettive disciplinari al disposto dell’art. 2106 c.c. e rilevare la nullità di quelle che prevedono come giusta causa o giustificato motivo di licenziamento condotte per loro natura assoggettabili, ex art. 2106 c.c., solo ad eventuali sanzioni conservative”.
Lo stesso Giudice di merito deve poi apprezzare la gravità dell’infrazione sotto il profilo oggettivo e soggettivo e sotto quello della futura affidabilità del dipendente a rendere la prestazione dedotta in contratto.
Peraltro, il fatto che il lavoratore era stato condannato in sede penale per gli stessi fatti, non vincolava “l’autonomo apprezzamento del giudice del lavoro in termini di configurabilità della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento”.