Con sentenza n. 23381 del 3 novembre 2014, i giudici di legittimità ha ribadito il consolidato orientamento secondo cui “la causa del patto di prova va individuata nella tutela dell’interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro, in quanto diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto”.
In virtù di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto legittima l’applicazione del patto di prova a due contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati tra le parti in periodi diversi, ben “potendo intervenire nel tempo molteplici fattori, attinenti non soltanto alle capacità professionali, ma anche alle abitudini di vita o a problemi di salute”.
Nella fattispecie, vi era la necessità per il datore di lavoro di verificare le qualità professionali, il comportamento e la personalità del lavoratore, considerato che il primo periodo di prova riguardava un rapporto a termine ed era funzionale alla più modesta portata dell’atto negoziale voluto dalle parti; che vi era una diversità non solo temporale, ma anche qualitativa del periodo di prova apposto ai due contratti; che il patto di prova di quindici giorni apposto al primo contratto era insufficiente al fine di accertare le reali capacità organizzative e propositive del lavoratore.