Applicazione dell’art. 18 riformato ai licenziamenti collettivi

Con ordinanza del 21 gennaio 2014, il Tribunale di Roma si è espresso in merito all’applicazione del riformato art. 18, S. L., anche ai licenziamenti collettivi.
Nella fattispecie concreta, una casa di cura privata aveva disposto il licenziamento collettivo di alcune lavoratrici a seguito del provvedimento regionale di revoca dell’accreditamento allo svolgimento dell’attività di ostetricia e ginecologia, con conseguente chiusura del reparto a tal fine deputato ed esubero del personale medico nello stesso operante.


In merito, il Giudice ha così affermato che “non possa escludersi l’applicabilità del nuovo modello processuale nei casi di licenziamenti collettivi, in quanto, pur trattandosi di licenziamenti che trovano disciplina nella legge 23.7.1991 n. 223, sono anche considerati dal comma 46 dell’art. 1 della legge 92/2012. Questo contiene ripetuti e complessi richiami all’art. 18 della L. n. 300, nel testo come modificato, secondo le varie ipotesi sanzionatorie in relazione ai vari difetti riscontrati. Si ritiene pertanto che l’assoggettamento del licenziamento collettivo alle tutele previste dall’art. 18 fa rientrare lo stesso nel novero dei licenziamenti per i quali il comma 47) prevede l’utilizzo del nuovo rito (c.d. Fornero). Sarebbe peraltro irragionevole sottrarre allo strumento ideato per una celere soluzione delle controversie, proprio la materia del licenziamento collettivo, tendenzialmente di elevato valore economico, e verso la quale, dunque, può essere ancora maggiore l’interesse alla pronta definizione”.


Peraltro, dal momento che, nel caso di specie, i licenziamenti collettivi erano stati disposti sulla base di un presupposto successivamente vanificato (a seguito dell’annullamento da parte del TAR del provvedimento regionale di revoca del suddetto accreditamento, che aveva, a sua volta, determinato l’esigenza di sopprimere il reparto di ostetrica), gli stessi sono stati dichiarati illegittimi “perché privi, al momento della loro adozione, delle ragioni di fatto giustificatrici”.


Conseguentemente, la disciplina di cui al comma settimo dell’art. 18 succitato (“diretta alle ipotesi di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo”), nonostante risulti conformata sul licenziamento individuale, è stata ritenuta applicabile, in via di interpretazione analogica, anche ad una siffatta ipotesi di licenziamento collettivo.


Il datore di lavoro, pertanto, è stato condannato a reintegrare le lavoratrici ricorrenti sul posto di lavoro ed a pagare in loro favore una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva reintegrazione, e comunque non superiore a 12 mensilità.