Con sentenza n. 22121 del 2 novembre 2016 la Suprema Corte ha affermato che il comma 4 bis dell’art. 7 del D.L. 248/2007, così come introdotto dalla Legge di conv. n. 31/2008, ai sensi del quale “Nelle more della completa attuazione della normativa in materia di tutela dei lavoratori impiegati in imprese che svolgono attività di servizi in appalto e al fine di favorire la piena occupazione e di garantire l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori, l’acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, non comporta l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, in materia di licenziamenti collettivi, nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative o a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative”, esonera il datore di lavoro subentrante all’appalto dalla applicazione della procedura dei licenziamenti collettivi previsti dagli artt. 4 e 5 della L. 223/1991 – solo – laddove i “lavoratori impiegati siano riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, oppure che siano riassunti a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative”.
Solo in presenza di questi presupposti, pertanto, sussiste una garanzia per i lavoratori, la cui posizione sarebbe adeguatamente tutelata ed il datore di lavoro subentrante è esonerato dal rispetto dei requisiti procedurali di cui agli artt. 4 e 5 della L. n. 223/1991.