Con ordinanza del 3 dicembre 2019, la Corte di Appello di Torino ha stabilito che, in caso di malattia professionale non tabellata, il lavoratore è tenuto a dimostrare il nesso di causalità tra la lavorazione patogena e la malattia. Il Giudice deve poi valutare la prova in termini di ragionevole certezza, ben potendo escludere, nel recepire gli esiti della consulenza tecnica, di attribuire rilevanza alle risultanze degli studi scientifici realizzati da autori in conflitto di interessi, in quanto membri di enti/associazioni che hanno ricevuto direttamente o indirettamente finanziamenti da soggetti interessati all’esito degli studi.
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha condannato l’Inail a pagare la prestazione dovuta per legge ad un lavoratore che aveva sviluppato un tumore (detto neurinoma dell’acustico destro), a causa dell’uso lavorativo prolungato del telefono cellulare – circa quattro ore al giorno per quindici anni – in assenza di protezioni quali l’uso di auricolari muniti di filo.