Con sentenza n. 31159 del 3 dicembre 2018, la Corte di Cassazione ha affermato che, laddove venga accertato lo svolgimento in concreto di mansioni diverse da quelle previste nel patto di prova, il licenziamento nel periodo di “libera recedibilità” non comporta la reintegra del lavoratore prevista in caso di illegittimità del recesso, ma solo il riconoscimento in suo favore del risarcimento del danno.
La Suprema Corte, ha precisato che solo un patto di prova illegittimo in quanto viziato da una nullità genetica (es. per la mancata specificazione delle mansioni da espletarsi) determina la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro e la conseguente applicazione della tutela reintegratoria, essendo stato il recesso intimato per mancato superamento della prova inidoneo a costituire una giusta causa o un giustificato motivo.