Con sentenza n. 11344 del 2 maggio 2023, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore che aveva, dapprima inviato su un gruppo whatsapp, composto dai dipendenti della società, dei messaggi minacciosi e diffamatori nei confronti della datrice di lavoro e si era poi recato in azienda in stato di alterazione, creando agitazione tra i colleghi e con atteggiamento aggressivo e provocatorio.
Nel confermare la sentenza di secondo grado, la Suprema Corte ha infatti ritenuto non fondate le doglianze del ricorrente, che aveva lamentato la genericità della contestazione, considerando l’episodio contestato al lavoratore “sufficientemente circostanziato”. In particolare, i giudici di legittimità hanno ribadito la costante giurisprudenza in materia di contestazione dell’addebito secondo cui esso ha lo scopo di consentire al lavoratore l’immediata difesa e pertanto deve rivestire le caratteristiche della specificità, fornendo indicazioni necessarie ed essenziali per individuare i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato comportamenti in violazione o infrazioni disciplinari.