La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21406 del 5 ottobre 2006, ha ribadito che il danno da dequalificazione professionale può essere desunto da elementi presuntivi quali la qualità e le quantità dell’attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione, l’ampiezza del dislivello fra le mansioni precedentemente svolte e quelle successivamente assegnate. Nel caso di specie la Suprema Corte ha confermato il capo della sentenza appellata con cui il giudice di merito ha ritenuto provata l’effettiva esistenza del danno conseguente alla dequalificazione sulla base dell’ampiezza del divario tra le mansioni precedenti e quelle conferite in relazione al demansionamento, liquidando, pertanto, il relativo danno in via equitativa con riferimento ad una quota della retribuzione mensile, al perdurare nel tempo della lesione della professionalità nonché al suddetto divario fra le vecchie e le nuove mansioni.