Con sentenza n. 579 del 20 maggio 2016, la Corte d’Appello di Milano, ha ritenuto discriminatorio il comportamento di una società che non aveva ammesso alla fase di selezione di candidate hostess, una ragazza che, per motivi religiosi, non intendeva togliere il velo.
Il Giudice di primo grado, non aveva ravvisato gli estremi della discriminazione diretta ed indiretta poiché l’esclusione dalla selezione trovava fondamento nella volontà di presentare candidate aventi caratteristiche di immagini non compatibili con la richiesta di indossare il velo che avrebbe coperto parte del volto e del capo della ragazza.
Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, la Corte d’Appello ha invece ravvisato il carattere oggettivo della discriminazione poiché la decisione di non ammettere la ragazza alle selezioni per il lavoro in questione aveva determinato in capo ad essa una “esclusione o restrizione” ai sensi dell’art. 43 del Testo Unico sull’immigrazione (Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286), restringendo così la sua libertà contrattuale nonché la possibilità di accedere ad una occupazione.