Ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro a favore di un terzo si presume effettuata a titolo oneroso, soprattutto in un settore disciplinato da un contratto collettivo.
Nel ribadire il suindicato principio, la Suprema Corte, con la sentenza 23528 del 2 novembre 2006, ha precisato che, qualora sia stato richiesto il riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, il giudice può utilizzare gli elementi di fatto disponibili per la ricerca della effettiva natura, onerosa o gratuita, della prestazione accertata e, in mancanza di prova, che grava sul datore di lavoro, di una prestazione “affectionis vel benevolentiae causa” ovvero a mero titolo didattico o di esperienza del lavoratore, può ricorrere anche alla valutazione equitativa per la determinazione dell’eventuale compenso spettante.