Con ordinanza n. 14042 del 21 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito che la giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c. deve essere valutata sulla base della gravità concreta della condotta del lavoratore, considerando tutti gli elementi rilevanti come l’entità del danno, la posizione soggettiva del dipendente, la frequenza e la gravità degli atti contestati, nonché la lesione del rapporto fiduciario. La sanzione espulsiva deve essere proporzionata rispetto alla reale gravità dei fatti accertati, non potendo basarsi solo sul ruolo rivestito dal dipendente e sull’uso per fini personali delle credenziali aziendali, ma richiedendo un accertamento concreto delle conseguenze e delle circostanze che hanno caratterizzato la condotta disciplinarmente rilevante.
Nel caso di specie, il lavoratore era stato licenziato per motivi disciplinari dovuti all’utilizzo abusivo dei sistemi informatici aziendali della Società di comunicazione presso cui lavorava, per motivi personali e senza l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria. In particolare, il lavoratore, che lavorava presso i Servizi per l’Autorità Giudiziaria e aveva accesso a dati sensibili tramite sistemi informatici specifici, aveva effettuato tre accessi non autorizzati. Questi atti hanno configurato una violazione delle procedure aziendali e della fiducia necessaria nel suo ruolo, pur non rientrando specificamente nelle ipotesi di licenziamento senza preavviso previste dal contratto collettivo di lavoro applicabile.
La Corte di Cassazione ha pertanto annullato la decisione della Corte d’Appello, la quale aveva ritenuto legittimo il licenziamento della lavoratrice, e ha richiesto una nuova valutazione della proporzionalità della sanzione disciplinare, considerando tutti i suddetti parametri rilevanti per determinare la giusta causa di licenziamento.