Con la circolare n. 9 del 9 ottobre 2023, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito alcuni chiarimenti in merito alle novità introdotte dal Decreto Legge n. 48 del 4 maggio 2023, convertito con modificazioni dalla Legge n. 85 del 3 luglio 2023 (c.d. “Decreto Lavoro”), in merito alla disciplina dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato (si vedano le news del 9 maggio e del 7 luglio 2023).
In particolare, la Circolare ha evidenziato che il Decreto Lavoro ha lasciato invariato il limite massimo di durata, pari a 24 mesi, dei rapporti di lavoro a tempo determinato, salvo diversa previsione dei contratti collettivi e la possibilità di stipulare un ulteriore contratto a tempo determinato, della durata massima di 12 mesi, presso la sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Non ha subìto variazioni, invece, il numero massimo di proroghe consentite (quattro nell’arco temporale di ventiquattro mesi) e il regime delle interruzioni tra un contratto di lavoro e l’altro (c.d. “stop and go”).
La Circolare ha precisato, inoltre, che ai fini del raggiungimento del limite massimo di 12 mesi per il mantenimento della acausalità, devono essere considerati esclusivamente i contratti stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023, in quanto eventuali rapporti di lavoro a termine intercorsi tra le medesime parti anteriormente alla predetta data, non concorrono al raggiungimento di tale termine entro il quale viene consentito liberamente il ricorso al contratto di lavoro a termine.
Ne deriva, pertanto, che, a decorrere dal 5 maggio 2023 i datori di lavoro potranno liberamente fare ricorso al contratto di lavoro a termine per un ulteriore periodo (massimo) di dodici mesi, senza necessità di ricorrere alle specifiche causali giustificatrici di cui all’art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015 e ss.mm., indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023, ferma restando la durata massima dei contratti a tempo determinato prevista dalla legge (24 mesi) o dalla contrattazione collettiva. Tale previsione si estende, inoltre, sia ai rinnovi di precedenti contratti di lavoro a termine sia alle proroghe di contratti già in essere.
Inoltre, in merito alla possibilità per le parti del contratto individuale di lavoro di individuare “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva” (nuova lett. b dell’art. 19, comma 1 del D.Lgs. n. 81/2015, introdotta dal “Decreto lavoro”), che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai dodici mesi (ma ugualmente non superiore ai ventiquattro mesi), in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi, la Circolare ha precisato che queste se ne possono avvalere solo temporaneamente sino alla data del 30 aprile 2024, consentendo, pertanto, alle Parti sociali di adeguare nel frattempo alla nuova disciplina i contratti collettivi, le cui previsioni costituiscono fonte privilegiata in questa materia. La Circolare ha precisato, altresì, che l’indicazione del termine del 30 aprile 2024 è da riferirsi alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata, pertanto, potrà anche andare oltre la predetta data.
Da ultimo, la Circolare, in tema di somministrazione ha sottolineato che i lavoratori somministrati assunti dall’agenzia di somministrazione con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo del limite del 20% dell’organico stabile, così come sono esclusi dall’applicabilità dei limiti quantitativi per la somministrazione a tempo indeterminato alcune categorie di lavoratori tassativamente individuate, tra cui i soggetti disoccupati che fruiscono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, i lavoratori c.d. “svantaggiati” o “molto svantaggiati” ai sensi dell’art. 2, numeri 4 e 99, del Regolamento UE n. 651/2014, come individuati dal D.M. 17 ottobre 2017 (rientrano in tale categoria, a titolo esemplificativo, i soggetti che abbiano un’età compresa tra i 15 e i 24 anni; coloro che abbiano superato i 50 anni di età, coloro che sono privi di un titolo di studio secondario, coloro che non hanno un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi).
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