Con ordinanza n. 13352 del 28 aprile 2022, la Corte di Cassazione ha statuito che, nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, la cessazione dell’appalto non è condizione sufficiente a legittimare il licenziamento del lavoratore adibito all’appalto cessato, essendo comunque necessario operare una comparazione della sua professionalità con quella degli addetti ad altre realtà organizzative.
La Suprema Corte, in particolare, ha evidenziato che, laddove non venga raggiunto un accordo con le organizzazioni sindacali, la platea dei lavoratori interessati alla procedura collettiva deve essere individuata alla stregua di tutti i criteri legali di cui all’art. 5 della L. n. 223/1991, non potendo il datore di lavoro limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità facendo esclusivo riferimento al criterio delle esigenze tecnico organizzative e produttive.
Su tali presupposti, dunque, i Giudici di legittimità, accogliendo il ricorso del lavoratore, hanno dichiarato l’illegittimità del licenziamento, rilevando, in particolare, che la comparazione delle diverse posizioni dei lavoratori deve essere effettuata nel rispetto del principio di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c..