La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8756 del 15 aprile 2014, ha ritenuto non sussistente il ramo d’azienda nel caso di specie oggetto di trasferimento, rendendo in tal modo inefficace la cessione dei contratti di lavoro dei dipendenti dell’azienda cedente. Nel caso in esame, era rimasta infatti indimostrata l’autonomia organizzativa e funzionale del presunto ramo d’azienda trasferito dal momento che l’azienda cedente non aveva provveduto a specificare “la dotazione organica di personale assegnata alla divisione; la esistenza di una eventuale autonoma direzione del personale medesimo, che sovrintendesse a turnazioni, orari, sostituzioni, ferie e quant’altro; l’eventuale nucleo di personale manageriale addetto alla pianificazione della attività della struttura, alla realizzazione di essa, ad impartire le direttive al personale addetto ed al controllo di esso; l’assegnazione di un autonomo budget; l’assegnazione di una sede autonoma ovvero di uffici distinti e separati da quelli di altre strutture; l’assegnazione esclusiva di beni strumentali, attrezzature e programmi informatici”.
In assenza di simili elementi, di contro, era emerso che il prospettato trasferimento di ramo d’azienda celasse più semplicemente “la cessione di un servizio e di un certo numero di dipendenti addetti ad esso”, elementi questi insufficienti a configurare quell’entità economica organizzata in maniera stabile richiesta ai fini dell’operatività degli effetti di cui all’art. 2112 c.c.
Sempre in tema, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 4130 del 21 febbraio 2014, ha ribadito il principio secondo cui “Il rapporto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato prima del trasferimento di azienda continua con il cessionario dell’azienda ove vi sia ricostituzione giudiziale per effetto dell’annullamento del recesso e dell’applicazione della tutela reale con sentenza tra le parti originarie del rapporto di lavoro, restando irrilevante l’anteriorità del recesso rispetto al trasferimento d’azienda”.
Secondo autorevole giurisprudenza di merito (Trib. Milano, sentenza n. 3653 del 17 dicembre 2013), inoltre, ai fini della legittimità del trasferimento del ramo di azienda, “è necessario che l’entità economica trasferita conservi la propria identità e che l’autonomia organizzativa ed economica del ramo sia effettiva e non già solo potenziale e preesista al trasferimento”, posto che, in caso contrario, si rimetterebbe alla volontà del datore di lavoro il potere di unificare un complesso di beni al solo scopo di cederlo insieme con i rapporti di lavoro dipendenti che di quel ramo facciano parte.
Nella specie, il Tribunale ha ritenuto l’illegittimità del trasferimento del ramo di azienda in quanto, con il predetto atto, la società cedente se da un lato aveva trasferito tutto il personale definito di “mera manovalanza”, dall’altro, aveva, trattenuto in azienda tutti i dirigenti ed i quadri del ramo di azienda ceduto, stravolgendo “così l’identità del ramo di azienda che è stato sostanzialmente spezzettato”.