Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 3605 del 19 aprile 2021, ha fornito una diversa (ed opposta) interpretazione rispetto a quella resa dall’ordinanza del 26 febbraio 2021 (per un approfondimento si veda la precedente news del 5 marzo 2021), in merito all’applicazione, anche nei confronti della categoria dirigenziale, della disciplina relativa al divieto di licenziamento, introdotta per effetto dell’emergenza epidemiologica dall’art. 46 del D.L. n. 18/2020 e s.m.i..
In particolare, la citata sentenza ha evidenziato che proprio il dato letterale della disposizione in commento non consente di ricomprendere la figura del dirigente nella disciplina relativa al blocco dei licenziamenti, poiché preclude l’avvio di procedure di licenziamento collettivo e, indipendentemente dal numero dei dipendenti, anche la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966. Sul punto, il Giudice ha ricordato che tale ultima disposizione non si applica alla categoria dirigenziale stante il chiaro disposto dell’art. 10 della Legge n. 604/1966, che la esclude espressamente dal suo ambito di applicazione.
Nel caso di specie, infatti, in seguito ad un processo di riorganizzazione aziendale finalizzato al contenimento dei costi e ad un’ottimizzazione delle strutture operative, la Società ha legittimamente soppresso la posizione dirigenziale recedendo dal rapporto per giustificato motivo oggettivo.
A ciò si aggiunga che, ad avviso del Giudice, il blocco dei licenziamenti è stato accompagnato dalla possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali a cui i dirigenti non possono accedere; conseguentemente, ove venisse esteso il blocco dei licenziamenti anche a costoro “il datore di lavoro si troverebbe nella condizione di non poter reperire una soluzione sostitutiva (come per tutti gli altri dipendenti non dirigenti) che permetta loro di garantire reddito e tutela occupazionale senza costi aggiuntivi. Ciò determinerebbe che della categoria dei dirigenti dovrebbe necessariamente farsene carico il datore di lavoro, pur in presenza di motivi tali da configurare un’ipotesi di giustificatezza del recesso. E ciò potrebbe determinare un profilo di incoerenza costituzionale tra estensione del blocco ai dirigenti e principio di libertà economica”.
Come già evidenziato nel nostro commento del 5 marzo u.s., a cui rinviamo, la precedente pronuncia del 26 febbraio 2021, aveva dato un’interpretazione da noi ritenuta del tutto innovativa e discutibile della disciplina relativa al divieto di licenziamento, estendendola anche ai dirigenti.
Le critiche e perplessità da noi evidenziate trovano, ora, autorevole conferma nella recente statuizione n. 3605 del 19 aprile 2021. Auspichiamo che si possa pervenire rapidamente ad un conforme orientamento onde evitare la proliferazione di analoghi giudizi ed interpretazioni dannose per la certezza del diritto e contrastanti rispetto a principi consolidati.
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