Con sentenza n. 4879 del 24 febbraio 2020, la Corte di Cassazione ha statuito che le ipotesi che rendono il licenziamento inefficace, in quanto formalmente viziato, sono soltanto quelle esplicitamente richiamate dall’art. 18, comma 6, legge n. 300 del 1970, mentre restano ferme le diverse tutele, previste dall’art. 18, commi 4, 5 o 7, nelle ipotesi in cui emerga, su domanda del lavoratore, l’ingiustificatezza del licenziamento (ossia l’inesistenza di un giustificato motivo soggettivo, oggettivo o di una giusta causa).
Pertanto, nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto che l’omessa contestazione di alcuni comportamenti del dipendente, poi successivamente esplicitati nel provvedimento di licenziamento, comportasse l’applicabilità della tutela reintegratoria ad effetti risarcitori limitati, di cui all’art. 18, comma 4, legge n. 300 del 1970, come modificato dalla legge n. 92 del 2012, considerando ricompreso nell’ipotesi di “insussistenza del fatto contestato” anche il caso di inesistenza della contestazione disciplinare.