Con sentenza n. 27093 del 15 novembre 2017, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono definitivamente pronunciate sul regime contributivo applicabile alle indennità corrisposte dal datore di lavoro ai dipendenti che prestano la loro opera al di fuori della sede dell’impresa.
Il problema concerneva se il trattamento contributivo da applicare alle suddette indennità fosse quello previsto per i “trasfertisti occasionali” dell’art. 51, comma 5 del D.P.R. 917/1986 (T.U.I.R) oppure quello più favorevole stabilito per i “trasfertisti abituali” dell’art. 51, comma 6 dello stesso T.U.I.R..
A tal proposito il D.L. n. 193/2016, aveva introdotto una norma di interpretazione autentica del comma 6, art. 51 del T.U.I.R. ai sensi della quale i lavoratori s’intendono “trasfertisti abituali” solo quando sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; c) corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.
La Corte di Cassazione ha affermato che con tale norma sono stati definitivamente dettati criteri univoci per distinguere i trasfertisti abituali da quelli occasionali ed ha riconosciuto il carattere retroattivo della stessa, la quale, pertanto, troverà applicazione anche nei confronti di situazioni e contenziosi pendenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 193/2016.