La Corte di Cassazione, con sentenza n. 20411 del 25 agosto 2017, ha ribadito che il rapporto di procacciatore d’affari si concreta nell’attività di chi, occasionalmente e senza vincolo di stabilità, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni. Al contrario, invece, l’attività dell’agente, finalizzata alla promozione della conclusione dei contratti per conto del preponente, è caratterizzata da continuità e stabilità; si tratta, quindi, di una collaborazione professionale autonoma di carattere non episodico.
Proprio in virtù di tale differenza, la Suprema Corte ha stabilito che il procacciatore d’affari, al termine del rapporto, non ha diritto alle provvigioni ed alle indennità spettanti agli agenti, anche qualora abbia versato i contributi all’ente di previdenza degli stessi per un certo periodo di tempo.