La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22148 dell’8 maggio 2017, ha affermato il principio secondo cui, in mancanza del preventivo accordo con le rappresentanze sindacali o dell’autorizzazione da parte della Direzione Territoriale del Lavoro, costituisce reato l’installazione in azienda di telecamere di videosorveglianza da parte del datore di lavoro, nonostante il consenso dei dipendenti.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, la condotta datoriale, che pretermette l’interlocuzione con le rappresentanze sindacali, procedendo all’installazione degli impianti dai quali possa derivare un controllo a distanza dei lavoratori, produce una oggettiva lesione degli interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono portatrici, in quanto deputate, da una parte, a riscontrare se gli impianti audiovisivi abbiano o meno l’idoneità a ledere la dignità dei lavoratori per la loro potenzialità di controllo a distanza e, dall’altra, a verificare l’effettiva rispondenza di detti impianti ad esigenze tecnico-produttive o di sicurezza.
Aggiunge, altresì, la Corte che non ha alcuna portata esimente il consenso, scritto o orale, dei singoli lavoratori, in quanto la tutela penale è apprestata per la salvaguardia di interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono portatrici in luogo dei lavoratori che, a causa della posizione di svantaggio in cui versano rispetto al datore di lavoro, potrebbero rendere un consenso viziato.