La Suprema Corte, con sentenza n. 18507 del 21 settembre 2016, ha statuito la legittimità del licenziamento per giusta causa di un lavoratore che durante l’assenza per malattia era stato scoperto, dalla agenzia investigativa assunta dalla società, ad eseguire lavori sul tetto della propria abitazione, attività che richiedeva un impegno fisico non compatibile con le affezioni denunciate dal lavoratore e che avevano determinato la sua lunga assenza per malattia.
I Giudici di legittimità, hanno ribadito il consolidato orientamento secondo cui “lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenze e fedeltà, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando quindi una fraudolenta simulazione, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante, in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia”.