La sezione lavoro del Tribunale di Milano con la prima sentenza del 2007 (3 gennaio 2007 n.1), chiamato a pronunciarsi su una fattispecie inerente un preteso trattamento retributivo discriminatorio dovuto all’attività sindacale svolta dal ricorrente, ha confermato la giurisprudenza di legittimità la quale ha ribadito più volte (Cass. 7752 del 17 maggio 2003), che “nel nostro ordinamento non esiste un principio di parità di trattamento economico e dunque ben possono essere legittimi, pur a parità di inquadramento contrattuale e di mansioni, trattamenti economici differenziati; infatti,” prosegue il giudicante, “la gamma delle variabili che incidono sui miglioramenti stipendiali è assai ampia e comprende, tra gli altri, anche elementi come la disponibilità, il raggiungimento di risultati, le professionalità pregresse e comunque acquisite che possono essere liberamente valutate e riconosciute dal datore di lavoro. Certamente tale premessa non può giustificare la sussistenza di trattamenti discriminatori riconducibili, come prospettato da parte attrice, ad un attivismo sindacale: occorre tuttavia provare rigorosamente sia lo svolgimento di attività sindacale sia la assoluta omogeneità delle situazioni di riferimento”.