Con sentenza n. 238 del 10 gennaio 2007, la Corte di Cassazione, nel ribadire che l’illecito lesivo dell’integrità psico-fisica di una persona può dar luogo a due distinte voci di risarcimento, rispettivamente a titolo di danno biologico e di danno patrimoniale per la riduzione della capacità lavorativa specifica e che spetta al giudice verificare se le lesioni accertate, oltre ad incidere sulla salute del soggetto, abbiano anche ridotto la sua capacità lavorativa specifica, con riduzione, per il futuro della sua capacità di reddito, ha precisato che il danno derivante dalla perdita di chance non è una mera aspettativa di fatto ma una entità patrimoniale a sé stante, economicamente e giuridicamente suscettibile di autonoma valutazione, di cui l’interessato ha l’onere di provare, sia pure in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, i presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta. Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha ritenuto presumibile la sussistenza dell’entità del danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa specifica – a cui ha ricollegato il danno da perdita di chance – oltre che dal deficit funzionale riportato dal lavoratore a seguito dell’infortunio, dalla circostanza che il danneggiato lavorasse con collocamento obbligatorio presso un’altra ditta. Rammentiamo che la fattispecie esaminata si inquadra nell’ambito della disciplina del risarcimento del c.d. “danno differenziale” anteriore alla riforma apportata alla materia dal D. Lgs. n. 38 del 23 febbraio 2000.