Con un’ulteriore riposta ad interpello del 28 novembre 2006, il Ministero del Lavoro, ha fornito importanti chiarimenti in ordine alla ammissibilità di un provvedimento di estensione del congedo di maternità che disponga l’interdizione solo parziale dell’attività lavorativa.
Per rispondere all’interpello formulato dalla Direzione Centrale per la prestazione a sostegno del reddito dell’INPS, il citato Ministero ha inteso operare una distinzione tra l’allontanamento dal lavoro che costituisce espressione dei rischi connessi alla gestazione rispetto a quello dovuto ai rischi derivanti dal mero svolgimento dell’attività lavorativa.
Nel primo caso, l’allontanamento è giustificato dallo stato di salute della lavoratrice e, quindi, non può essere disposta un’interdizione solo parziale dell’attività lavorativa.
Con riferimento ai rischi derivanti dalle particolarità dell’attività lavorativa svolta, invece, il datore dovrà, come noto, attivarsi per individuare le lavorazioni che possano risultare pregiudizievoli per le lavoratrici madri e, di conseguenza, modificarne le condizioni di lavoro o l’orario di lavoro o le mansioni, adibendole se necessario anche a mansioni inferiori con conservazione della retribuzione precedente, affinché non siano esposte a rischio. Qualora ciò non sia possibile, la DPL, su comunicazione del datore di lavoro, potrà disporre l’interdizione dal lavoro. In questi casi, però, il provvedimento di interdizione potrà essere adottato non solo quando non sussista in assoluto alcuna mansione alternativa cui spostare la lavoratrice, ma anche quando la mansione alternativa astrattamente reperibile risulti in concreto così poco impegnativa, ad esempio per il fatto di essere già svolta da altri dipendenti, da potersi considerare effettivamente inesigibile. In una simile ipotesi, secondo la nota ministeriale, non può ritenersi ammissibile l’interdizione solo parziale dell’attività lavorativa.