La Corte di Cassazione, con le sentenze nn. 10354 del 19 maggio 2016 e 10543 del 20 maggio 2016, ha sottolineato il principio secondo cui la locuzione “trattamenti retributivi” utilizzata nell’art. 29 D.Lgs. 276/2003 debba essere interpretata in senso stretto, nel senso che le somme oggetto della responsabilità solidale del committente, terzo estraneo al rapporto di lavoro tra lavoratore e appaltatore, devono avere con certezza natura retributiva ed essere corrispettivo obbligatorio della prestazione lavorativa.
Il valore dei buoni pasto, quindi, salvo diverse disposizioni di legge o di contratto, non ha natura retributiva.
La fruizione della mensa o la consegna del buono pasto, infatti, non è in rapporto di corrispettività con la prestazione lavorativa e, pertanto, non è un elemento della retribuzione. Si tratta, invero, di una prestazione di natura assistenziale, collegata solo occasionalmente con il rapporto di lavoro.
Allo stesso modo, anche l’indennità sostitutiva delle ferie, salvo diverse previsioni di legge o di contratto, non ha natura retributiva. A tale indennità, infatti, è stata riconosciuta dalla giurisprudenza, anche in via esclusiva, natura risarcitoria.
Di conseguenza, in linea di principio, rispetto al valore dei buoni pasto e all’indennità sostitutiva delle ferie non godute, non opera la solidarietà tra committente ed appaltatore prevista dall’art. 29 del D. Lgs. 276/2003.