Con sentenza n. 16008 del 14 luglio 2006 la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha ribadito che nell’ipotesi di scadenza di un contratto a termine illegittimamente stipulato e di comunicazione al lavoratore, da parte del datore di lavoro, della conseguente disdetta, non si configura un licenziamento e, pertanto, non sono applicabili né la norma di cui all’art. 6 della legge 604/1966, né quella di cui all’art. 18 della legge 300/1970. Tuttavia – precisa il Giudice di legittimità – la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato, in caso di accertata nullità del termine, dà ugualmente diritto al dipendente di riprendere il suo posto ed ottenere il risarcimento del danno qualora ciò gli venga negato. Peraltro, aggiunge la Suprema Corte – al dipendente che cessi l’esecuzione della prestazione lavorativa per attuazione di fatto del termine nullo, non spetta la retribuzione finché non provveda ad offrire la prestazione stessa, determinando una situazione di “mora accipiendi” del datore di lavoro, situazione, questa, che non è integrata dalla domanda di annullamento del licenziamento illegittimo con la richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro.