Il Tribunale di Bergamo, con ordinanza del 1 giugno 2006, emessa in fase di reclamo all’ordinanza dell’11 aprile 2006, ha confermato la decisione del giudice di prime cure, il quale aveva chiarito che, in una fattispecie di licenziamento disciplinare impugnato in virtù del presunto stato di incapacità di intendere e volere della lavoratrice, “l’eventuale accertamento della presunta incapacità non gioverebbe all’accoglimento dell’impugnativa del licenziamento, in quanto essa, nel nostro ordinamento, mentre può avere un dirimente valore nel giudizio sulle responsabilità penali, non esercita alcun rilievo sotto il profilo privatistico del rapporto di lavoro, non essendo comunque tenuto il datore di lavoro a sopportare gli eventuali effetti pregiudizievoli, che possono conseguire dalla incapacità, o da uno stato di transeunte turbamento psicologico”. Nella citata ordinanza è stato, inoltre, giustamente sottolineato che, a differenza delle sanzioni penali che necessitano della presenza dell’elemento soggettivo, “le sanzioni disciplinari in materia di lavoro tendono a salvaguardare l’integrità del sinallagma contrattuale e, pertanto, sono applicate in base a considerazioni meramente oggettive”.