Con sentenza del 2 marzo 2006, il Tribunale di Forlì ha accolto il ricorso proposto da una lavoratrice al fine di ottenere il risarcimento del danno biologico ed esistenziale conseguente a comportamenti molesti e offensivi, a sfondo sessuale, attuati ai suoi danni da un superiore.
La sentenza si segnala per il significativo distinguo che opera tra i comportamenti ascrivibili alla fattispecie del mobbing e quelli afferenti, invece, più specificamente, al genus delle molestie sessuali.
Rileva, infatti, il Giudice del merito che la possibile linea di demarcazione tra le due condotte può essere rappresentata dall’elemento psicologico dell’autore, atteso che, mentre nel primo caso la finalità perseguita è quella dell’allontanamento della vittima dall’ambiente lavorativo, la molestia sessuale costituisce una “manovra di avvicinamento”, che non abbisogna di reiterazione ma può concretarsi anche in un unico atto antigiuridico.