Il Tribunale di Milano, con tre separate Ordinanze (del 12 ottobre 2015, 1° marzo 2016 e 25 marzo 2016) ha espresso due orientamenti di segno opposto sulla medesima questione.
Il caso riguardava tre lavoratori che avevano impugnato i licenziamenti intimati nell’ambito di una procedura di mobilità, lamentando la violazione dell’accordo sindacale – posto all’interno della procedura – con cui era stato previsto, non solo l’impegno della Società di procedere al licenziamento di tutta la forza lavoro occupata presso un cantiere secondo criteri stabiliti ma, anche l’impegno parallelo di favorire prioritariamente la loro ricollocazione “presso futuri eventuali cantieri diretti in Italia, oppure nell’ambito di lavori ai quali la Società partecipasse con quote rilevanti”.
Con la prima delle tre Ordinanze – pubblicata il 12 ottobre 2015 – il Tribunale di Milano, rigettando il ricorso del lavoratore, ha affermato che, la fonte dell’obbligo che si assume essere stato violato dal datore di lavoro (ossia la ricollocazione dei lavoratori licenziati), è una fonte contrattuale e non normativa, in quanto assunto in sede di accordo sindacale; pertanto, ad avviso del Tribunale, non è da ravvisarsi, nella fattispecie, nessuna violazione dei criteri di cui all’art. 5, comma 3, L. 223/1991.
Ne consegue che, l’eventuale violazione di tale obbligo comporta non già l’invalidità del recesso – con l’applicazione della tutela, reale o risarcitoria, prevista dall’art. 18 st. lav. – ma solo un obbligo risarcitorio secondo i principi generali.
Con le altre due pronunce, del 1° marzo e del 25 marzo 2016, il Tribunale di Milano ha smentito tale orientamento, condannando il datore di lavoro alla reintegra dei lavoratori nel posto di lavoro, nonchè al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione; secondo tali pronunce, infatti, l’impegno volto alla ricollocazione dei lavoratori licenziati costituisce un “unicum” inscindibilmente legato alla procedura di riduzione del personale; ciò detto, ad avviso del Tribunale, nella fattispecie, è da ravvisarsi non l’inadempimento di una mera obbligazione “inter partes”, ma piuttosto una violazione dei criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 3 L. 223/1991, con le conseguenze sanzionatorie previste dall’art. 18, 4° comma stat. lav..