La Suprema Corte, con sentenza n. 1978 del 2 febbraio 2016, ha cassato con rinvio la decisione della Corte d’Appello di Roma, che aveva confermato la legittimità di un licenziamento per giusta causa di un lavoratore, operaio generico, che non aveva allertato il proprio datore in ordine alla presenza nei locali aziendali di un soggetto estraneo, in stato di disagio psichico, che durante l’orario lavorativo ed in tali locali si intratteneva con gli altri dipendenti e con il quale il lavoratore aveva intrattenuto rapporti sessuali al di fuori dell’orario di lavoro nella propria auto.
Nella specie, la Corte di Cassazione, nel ritenere illegittimo il licenziamento, ha affermato i seguenti tre principi di diritto fra loro collegati:
- non integra violazione dei dovere di diligenza, di cui all’art. 2104 c.c., l’omissione, da parte del lavoratore, di una condotta che non sia prevista tra quelle contrattualmente dovute né comunque risulti, ai fini della esecuzione più utile della prestazione di lavoro, ad esse complementare o accessoria;
- non integra violazione dell’obbligo di fedeltà, di cui all’art. 2105 c.c., anche inteso come generale dovere di leale cooperazione nei confronti del datore di lavoro a tutela degli interessi dell’impresa, l’omissione da parte del lavoratore di condotte che, oltre a non rientrare nell’ambito delle prestazioni contrattualmente dovute, siano connesse a superiori livelli di controllo e di responsabilità, in presenza di un assetto dell’impresa caratterizzato da accentuata complessità e articolazione organizzativa;
- infine, in tema di licenziamento per giusta causa, deve aversi riguardo, nella valutazione dell’idoneità della condotta extra-lavorativa del dipendente ad incidere sulla persistenza dell’elemento fiduciario, anche alla natura e alla qualità del rapporto, al vincolo che esso comporta e al grado di affidamento richiesto dalle mansioni affidate.