Con sentenza n. 21231 del 20 ottobre 2015, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore, avvenuto nell’ambito di una procedura di mobilità, evidenziando come la parziale divergenza tra i motivi posti alla base del licenziamento, specificatamente indicati nella comunicazione di avvio della procedura di mobilità, e quelli di fatto determinatisi al momento conclusivo, in cui furono adottati i provvedimenti di recesso, non costituisce alcuna violazione delle norme di cui agli artt. 4 e 24 della Legge n. 223/1991.
Nel caso di specie, i Giudici di Legittimità hanno statuito, con specifico riferimento alla correttezza della procedura, che “essa potrà considerarsi regolare solo ove la comunicazione di avvio, conformatasi ai requisiti prescritti – l’indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza, nonché il numero, la collocazione aziendale ed i profili professionali del personale da eliminare – consenta alle organizzazioni sindacali di verificare il nesso tra le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità che, in concreto, l’azienda intende espellere, di talché sia evidenziabile la connessione tra le enunciate esigenze aziendali e l’individuazione del personale da licenziare”.
La Corte di Cassazione ha, pertanto, ritenuto che esula dallo schema normativo degli artt. 4 e 24 della Legge n. 223/1991 ogni altra forma di controllo giudiziale diversa dalla verifica della completezza delle informazioni richiamate nell’art. 4, co. 3, del medesimo testo normativo, in quanto dirette a consentire all’interlocutore sindacale di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione del personale, valutando anche la possibilità di misure alternative al programma di esubero.