La Corte di Cassazione, con sentenza del 30 novembre 2015 n. 24377, ha statuito l’illegittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore a causa della sopravvenuta inidoneità fisica allo svolgimento delle mansioni dallo stesso continuativamente svolte, ma diverse rispetto a quelle del livello di inquadramento attribuito all’atto dell’assunzione, perché a norma dell’art. 2103 c.c. (ante Jobs act) risulta nullo ogni patto contrario intervenuto tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Nel caso in esame, la Cassazione, avallando il decisum della Corte d’appello, ha respinto il ricorso datoriale con il quale si deduceva che l’adibizione del lavoratore, in via prevalente, a mansioni estranee a quelle pattuite in sede di assunzione portava le stesse a risultare come accettate dal lavoratore ed ad essere, pertanto, esigibili.
Infatti, ad avviso dei Giudici di legittimità, nella fattispecie, poiché le mansioni svolte dal lavoratore non erano ricomprese nel livello di inquadramento, risultava evidentemente illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica disposto in relazione a tali attività.
E’ necessario ribadire che tale pronuncia è intervenuta nel vigore della precedente disciplina dell’art. 2103 c.c.; infatti, come noto, il D.Lgs. n. 81/2015, entrato in vigore il 25 giugno scorso, ha apportato delle modifiche alla disciplina delle mansioni e, in particolare, per quel che rileva nel caso in esame, ha previsto, in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali, l’assegnazione del lavoratore a mansioni appartenenti ad un livello di inquadramento inferiore, purchè rientranti nella medesima categoria legale; è stata, inoltre, lasciata alla contrattazione collettiva la possibilità di prevedere ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni riconducibili al livello di inquadramento inferiore, sempre rientranti nella medesima categoria legale.