Con sentenza n. 18165 del 16 settembre 2015, la Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato ad un dirigente ai sensi della L. n. 223/1991, ossia tramite procedura di mobilità che, è bene ricordare, prima dell’entrata in vigore della L. n. 161/2014 (cd. Legge europea 2013-bis) non si applicava ai lavoratori in possesso di qualifica dirigenziale.
Nel caso in esame, la società datrice di lavoro, a sostegno della legittimità del recesso intimato al dipendente deduceva, che lo stesso non aveva mai ricevuto la formale investitura a dirigente da parte dei vertici aziendali e che, pertanto, la sua qualifica doveva essere ricondotta a quella di un semplice quadro.
I Giudici di legittimità, al contrario, hanno ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “ai fini del riconoscimento della qualifica dirigenziale, è necessario e sufficiente che sia dimostrato l’espletamento di fatto delle relative mansioni, caratterizzate dalla preposizione ad uno o più servizi con ampia autonomia decisionale, e non occorre anche una formale investitura trasfusa in una procura speciale”. Nella fattispecie in esame, i Giudici di legittimità hanno riconosciuto la qualifica dirigenziale ad un funzionario di una società finanziaria che, pur in assenza dell’assegnazione formale di tale qualifica da parte dei suoi superiori, svolgeva a tutti gli effetti mansioni apicali.