La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17987 dell’11 settembre 2015, ha ribadito il consolidato orientamento secondo cui “la clausola di un contratto collettivo che preveda un certo fatto quale giusta causa o giustificato motivo di licenziamento non esime il giudice dalla valutazione di proporzionalità fra il provvedimento espulsivo adottato dal datore di lavoro e la gravità del fatto addebitato all’incolpato. La necessità di questa valutazione discrezionale tuttavia non sussiste quando si tratti di fattispecie di illecito disciplinare formulata non già con espressioni elastiche ma rigidamente predeterminata e non sussistano circostanze attenuanti”.
Nel caso di specie, i Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso proposto da un’azienda agroalimentare avverso la sentenza emessa in grado di appello che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento comminato ad un lavoratore per assenza ingiustificata prolungatasi per quindici giorni, perché ritenuto sproporzionato rispetto al comportamento addebitato al dipendente.
La Suprema Corte, invece, nel cassare il provvedimento impugnato, ha evidenziato l’illegittimità del giudizio di proporzionalità effettuato dalla Corte di Appello poiché, nel caso in esame, era “palese la realizzazione della fattispecie di cui all’art. 70 c.c.n.l. di settore del 14 luglio 2003 (assenza ingiustificata) e quindi dell’art. 2119 cod. civ”.