La Suprema Corte con la sentenza n. 15066 del 17 luglio 2015, ha stabilito, in conformità al proprio costante orientamento, che “la retribuzione globale di fatto spettante al lavoratore in caso di licenziamento dichiarato illegittimo ex art. 18 L. 300/1970 deve essere commisurata a quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, ad eccezione di quei compensi solo eventuali e di cui non sia certa la percezione, nonché di quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione ed aventi normalmente carattere eventuale, occasionale o eccezionale”.
Nella specie, il datore di lavoro aveva lamentato l’erronea inclusione, da parte del Giudice della voce “incentivo venditori”, nella retribuzione globale di fatto su cui era commisurato il danno da risarcire al lavoratore, il cui licenziamento era stato dichiarato illegittimo.
Secondo la prospettazione del datore di lavoro tale incentivo spettava eventualmente ai soli lavoratori presenti in azienda, in relazione agli utili da loro prodotti, e perciò non anche al lavoratore assente a causa del licenziamento.
In applicazione di principi soprarichiamati, la Suprema Corte ha così accolto la domanda del datore di lavoro, disponendo l’esclusione di tale voce dalla retribuzione utile ai fini del calcolo dell’indennità ex art. 18, L. 300/1970.