In tema di trasferimento di ramo d’azienda, la Suprema Corte, con la sentenza n. 7144 del 9 aprile 2015, nel confermare la sentenza della Corte di Appello, ha affermato che, nel caso di specie, non sussisteva il requisito dell’autonomia funzionale del ramo ceduto. In particolare, era stato accertato che il ramo ceduto non aveva “conservato in alcun modo la propria identità dopo il trasferimento e dall’altro lato non risultava connotato dall’imprescindibile requisito dell’organizzazione intesa come legame funzionale che rende le attività dei dipendenti appartenenti al gruppo ceduto interagenti tra loro e capaci di consentire la prosecuzione dell’attività. Era infatti emerso che circa il 20% degli informatori della linea (…) non erano stati trasferiti con la cessione, che non era stato trasferito il vertice della linea e metà dei quadri intermedi, che gli informatori erano stati ripartiti dalla cessionaria in tre linee, ciascuna preposta alla commercializzazione di farmaci che non consentivano di utilizzare le conoscenze acquisite nel corso dell’attività svolta con la cedente”.
Inoltre, a conferma dell’inefficacia del suddetto trasferimento di ramo d’azienda, non era stato trasferito il vertice responsabile delle attività del medesimo ramo, così come la metà dei quadri, era stato azzoppato il vertice gerarchico e quindi la rete di informatori era priva del “legante organizzativo” necessario a farla funzionare, tenuto anche conto che la stessa rete di informatori era già stata indebolita dall’ulteriore taglio, nella cessione, di quest’ultimi nella misura del 20%.
Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione ha, dunque, dichiarato l’inefficacia del trasferimento del ramo di azienda e la persistenza del rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’azienda cedente.