Con sentenza n. 22826 del 28 ottobre 2014, la Corte di Cassazione ha evidenziato le radicali differenze tra l’istituto del licenziamento collettivo e i licenziamenti individuali plurimi per giustificato motivo oggettivo.
Infatti, nel primo caso si prevedono specifiche caratteristiche relative alle dimensioni occupazionali dell’impresa (più di 15 dipendenti), al numero dei lavoratori licenziati (almeno 5) e all’arco temporale entro cui vengono effettuati i licenziamenti (120 giorni), secondo un iter procedimentalizzato sotto il preventivo controllo sindacale e pubblico ai sensi della L. n. 223/1991. Da tale principio si desume che, in assenza di esigenze datoriali, derivanti da ragioni inerenti all’attività produttiva, di effettuare il suddetto ridimensionamento e della prevista procedimentalizzazione, non è configurabile un’ipotesi di licenziamento collettivo.
Tanto meno lo è, quando, come è accaduto nella specie, il licenziamento risulti derivante esclusivamente dalla scelta dei lavoratori di non accogliere una proposta di assunzione effettuata, non per esigenze dell’impresa, ma in esecuzione (spontanea) di una sentenza dichiarativa dell’illegittimità della cessione di un ramo d’azienda.