In tema di licenziamento disciplinare, il Tribunale di Milano, con ordinanza del 15 novembre 2014, ha stabilito che, in presenza di una sentenza di condanna del lavoratore emessa in primo grado dal giudice penale, il datore di lavoro disponga “di quegli oggettivi e sufficientemente consistenti elementi di colpevolezza” per poter formulare tempestivamente una contestazione disciplinare al proprio dipendente.
Nel caso in questione il Giudice ha reputato illegittimo il licenziamento irrogato successivamente la sentenza d’appello emessa in sede penale nei confronti del dipendente, stante in primo luogo una lesione del diritto di difesa del lavoratore e, in secondo luogo, il legittimo affidamento ingeneratosi nello stesso lavoratore circa l’intenzione del datore di lavoro di non attribuire valenza disciplinare alla condotta posta in essere.
Il Giudice ha, dunque, riconosciuto la violazione del principio di immediatezza della contestazione disciplinare, in quanto tale principio, pur implicando una soglia di tolleranza al fine di consentire al datore l’accertamento della condotta del lavoratore e le adeguate ponderazioni circa i provvedimenti da irrogare, non può essere interpretato tanto estensivamente da considerare tempestiva una contestazione effettuata dopo una sentenza di appello emessa dal giudice penale nei confronti del dipendente.