Con sentenza del 29 agosto 2014, il Tribunale di Monza ha ribadito che, “nell’ambito di licenziamento collettivo il Giudice deve, da un lato, verificare la correttezza della procedura e, dall’altro, controllare la applicazione dei criteri di scelta che tra le parti si sono date e, per quanto concerne le ragioni tecnico produttive organizzative, deve limitare la verifica alla esistenza della giustificatezza all’osservanza dei principi di correttezza e buona fede “in executivis”. Nell’ambito dei cd. licenziamenti economici, ossia concernenti non situazioni di inadempimento colpevole dei lavoratori, bensì per ragioni oggettive dell’impresa, deve essere verificata nel caso concreto, la scelta organizzativa per collegarla al recesso del rapporto di lavoro. Quindi, nei casi di licenziamenti in una procedura di “tagli” giustificati da ragioni della impresa, si deve, da un lato, riconoscere che possa aver margine di concreta e verosimile applicabilità la tradizionale conclusione interpretativa che consente di collegare la individuazione del lavoratore in esubero alla soppressione del suo posto di lavoro (o di quel settore o di quell’unità produttiva nel cui ambito lo stesso opera in prevalenza) e dall’altro negare valenza al principio del cd. obbligo di repechage (in quanto in una situazione di esuberi questo si tradurrebbe nella possibilità di sostituire a propria discrezione un lavoratore ad un altro), quello coniato dalla giurisprudenza di legittimità e di merito attraverso una ampia e condivisibile elaborazione a tutela del contraente debole del rapporto”.