La Suprema Corte, con sentenza n. 20367 del 26 settembre 2014, ha chiarito che, al fine della qualificazione del rapporto di lavoro quale autonomo o subordinato, i criteri tradizionali dell’assoggettamento del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare possono non essere significativi.
Infatti, in tali ipotesi, è necessario fare ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto di lavoro, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una organizzazione imprenditoriale e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore di lavoro.
Nel caso di specie, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, che avevano affermato il carattere subordinato del rapporto di lavoro, essendo emerso dalle risultanze istruttorie che l’attività lavorativa veniva svolta nei locali della società con orari predisposti dalla stessa, con compenso fisso, senza che vi fosse alcun riferimento al risultato della prestazione ed infine senza alcun rischio economico da parte della lavoratrice.