La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23021 del 29 ottobre 2014, si è pronunciata nuovamente in materia di criteri distintivi tra lavoro subordinato ed autonomo ribadendo che gli indici della subordinazione sono ravvisabili nell’assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro oltre che nell’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione dell’attività lavorativa e nello stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale.
Nella motivazione è stato, inoltre, evidenziato che “il rischio economico dell’attività lavorativa e la forma di retribuzione hanno, invece, carattere sussidiario (e sono utilizzabili specialmente quando nel caso concreto non emergano elementi univoci a favore dell’una o dell’altra soluzione)”.
Prendendo le mosse da questi principi, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che, nella fattispecie in esame, fosse stato correttamente qualificato come rapporto di lavoro autonomo, in virtù della piena autonomia di cui disponeva il professionista circa le modalità di predisposizione del bilancio aziendale, e della discontinuità con cui veniva prestata detta attività, pur in presenza della compilazione del time sheet con specifica indicazione delle ore di lavoro e dell’attività funzionale alla determinazione dei compensi dovuti.