La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 17180 del 29 luglio 2014, ha chiarito che “la transazione intervenuta tra lavoratore e datore di lavoro è estranea al rapporto tra quest’ultimo e l’INPS, giacché alla base del credito dell’ente previdenziale deve essere posta la retribuzione dovuta e non quella corrisposta. Ne consegue che è legittima l’iscrizione a ruolo di somme corrispondenti a contributi previdenziali relativi ad un lavoratore licenziato e quindi integrato, calcolati per tutto il periodo corrente dal recesso fino alla data della intervenuta conciliazione sulla base della retribuzione globale di fatto”.
Ribadendo il consolidato orientamento, la Corte evidenzia che l’obbligo contributivo sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi siano stati in tutto o in parte soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi diritti. Tale principio trova la sua fonte normativa nell’art. 12 della Legge n. 153/1969, il quale, nell’espressione che individua la retribuzione imponibile in “tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro”, deve essere inteso nel senso di “tutto ciò che ha diritto di ricevere”.