Con sentenza n. 16381 del 17 luglio 2014, la Corte di Cassazione ha ribadito il consolidato orientamento secondo cui “in tema di sanzioni disciplinari il principio di tassatività degli illeciti non può essere inteso nel senso rigoroso imposto nella materia degli illeciti penali, dovendosi, invece, distinguere tra gli illeciti relativi alla violazione di prescrizioni strettamente attinenti all’organizzazione aziendale, per lo più ignote alla collettività e quindi conoscibili solo se espressamente previste ed inserite nel codice disciplinare da affiggere ai sensi dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970, e quelli costituiti da comportamenti manifestamente contrari agli interessi dell’impresa o dei lavoratori, per i quali non è necessaria la specifica inclusione nello stesso codice disciplinare, poiché, in questi ultimi casi che possono legittimare il recesso del datore di lavoro per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, il potere sanzionatorio deriva direttamente dalla legge”.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha dichiarato la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato ad un dirigente da parte di un’azienda ospedaliera in ragione di numerosi addebiti – nessuno dei quali espressamente indicati nel codice disciplinare – tra i quali figuravano l’aver inveito violentemente contro un collega, il non aver partecipato alle visite collegiali della squadra di lavoro, nonché l’aver fornito ad un utente informazioni scorrette ed offensive circa l’esecuzione di un intervento chirurgico da parte di altro collega, poiché condotte manifestamente contrarie agli interessi dell’impresa.