La Suprema Corte, sezione tributaria, con sentenza del 16 maggio 2014 n. 10749, ha statuito che l’indennità conseguita dal lavoratore per l’illegittimità del licenziamento, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, rientra tra le indennità aventi causa o che traggono origine dal rapporto di lavoro e pertanto, come tale, costituisce reddito da lavoro dipendente assoggettabile a tassazione separata ed a ritenuta di acconto.
La Suprema Corte ha, infatti, rigettato il ricorso di un lavoratore per una controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dal Fisco ad un’istanza di rimborso dell’IRPEF versata, attraverso le ritenute operate sull’indennità corrispostagli dall’ex datore di lavoro, ai sensi dell’art. 18 della L. 300/1970, in sostituzione della reintegra.
I Giudici di legittimità hanno così ribadito che, a norma del D.P.R. n. 917/1986, il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutti i compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, in dipendenza del rapporto di lavoro, comprese le somme percepite a titolo di rimborso spese inerenti alla produzione del reddito e le erogazioni liberali.
Inoltre, i proventi conseguiti in sostituzione di redditi e le indennità conseguite a titolo di risarcimento dei danni, esclusi quelli da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti.
Il medesimo D.P.R. dispone infine che l’imposta si applica separatamente sulle indennità e sulle somme percepite una tantum in dipendenza della cessazione dei rapporti di lavoro dipendente, nonché a somme e valori, comunque percepiti anche se a titolo risarcitorio a seguito di provvedimento dell’Autorità giudiziaria o di transazioni relative alla risoluzione del rapporto di lavoro.