Con sentenza n. 13863 del 18 giugno 2014, la Corte di Cassazione ha affermato che “nell’ipotesi in cui la disciplina collettiva in tema di promozioni rimetta il giudizio di merito, sulle attitudini e le capacità professionali, esclusivamente al datore di lavoro, il giudice non può sostituirsi al datore medesimo potendo sindacare l’operato solo se la mancata promozione sia espressione di una deliberata violazione delle regole di buona fede e correttezza che presiedono allo svolgimento del rapporto di lavoro”.
In conformità a tale principio è stato rigettato il ricorso di un lavoratore che vantava un diritto soggettivo e automatico alla promozione nonostante la norma collettiva di riferimento non prevedesse l’avanzamento come effetto immediato, in presenza di specifici presupposti di fatto esistenti, ma richiedesse piuttosto una specifica valutazione dell’imprenditore – datore di lavoro.